I tradizionali software “OLTP” (On Line Transaction Processing), per inserimento,interrogazione e cancellazione dati, commercializzati dai principali vendor (Oracle,Sap,IBM…) nonché lo sviluppo di piattaforme transazionali sviluppate ad hoc per il cliente, anche open source,hanno svolto e continuano a svolgere il loro ruolo di strumenti fortemente integrati che ben si sposano con il concetto di “sistema azienda”.

Si parla infatti  di “ERP” (Enterprise Resource Planning), strumenti ad elevata integrazione come un sistema di vasi comunicanti (Contabilità Clienti, Contabilità Fornitori, Contabilità Magazzino, Logistica, Marketing, Amministrazione e Finanza).

A questi si aggiungo poi i “CRM” (Customer Relationship Management) più che software,rappresentano una filosofia che mette al centro il cliente al fine di individuare comportamenti ricorrenti ed abitudini di consumo, clusterizzarli anche sulla base dei profili social e delle interazioni , ed i “SCM” (Supply Chain Management) sofware che gestiscono la catena di distribuzione (Logistica in Entrata – Logistica in Uscita).

Sulla mole di dati generati dai suddetti sistemi operazionali, si innesta la Business Intelligence con l’obiettivo di trasformare i dati in informazioni aiutando il management a prendere decisioni veloci, oculate.

Tra i loro punti di forza, vi è poi l’integrazione di seppur semplici ma alquanto utili ed efficaci, strumenti “ETL” (Extract-Transform-Load), utilizzati per ripulire le basi dati, in alcuni casi saltando lo stato intermedio del Datewarehosue—DataMart ritenuto lungo nell’implementazione e costoso, trascurando però che la sua assenza determina dei costi occulti.Datawarehouse-DataMart, che in realtà dovrebbero essere basi dati integrati e consistenti, ottenuti con tool ETL ad hoc.

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Ma perché la Business Intelligence può rappresentare una minaccia?

Provocatoriamente e paradossalmente la sua “flessibilità”, il suo “poter fare tutto”, ne rappresenta un limite. Ma cerchiamo di capire perché.

Nasce come strumento di tipo Strategico-Tattico (Sales Analysis,Budgeting,Planning) ma è sempre più diffuso il suo utilizzo in azienda in ambito operativo,perché sopperisce  le carenze dei software gestionali e permette in tempi rapidi con “query pre-assemblate” di velocizzare le attività giornaliere di tipo prettamente operativo, facendo emergere rapidamente errori formali e sostanziali anche nelle fonti dati operazionali. In quest’ultimo caso ciò rappresenta un plus, ma con conseguenze non solo in termini di perdita di prestazioni, ma di un maggior impegno nella sua gestione e manutenzione, come è normale che sia un software di tipo “gestionale”, con utilizzo giornaliero e con una base utenti molto allargata, qual è quella operazionale.

La gestione della Business Intelligence pertanto determina maggiori costi anche i termini di risorse da impiegare.

La flessibilità, dunque, ne determina in alcuni casi un uso “improprio” .

Poi vi è una minaccia definiamola “occulta”

Spesso  si mette in discussione l’affidabilità di questi strumenti, in termini di veridicità delle informazioni ovvero di output,e gli sforzi compiuti per la loro implementazione diventano vani, perché l’investimento viene dismesso per problemi di “attendibilità” del dato. Questo succede poiché si da poca importanza all’integrità dell’input,(Data Sources),ovvero ai sistemi sorgente.E qui entra in gioco il concetto della costruzione di una base dati ben progettata e  documentata, attraverso modelli concettuali, logici e fisici.

Ancora altro problema è l’utilizzo diffuso in azienda, si pensi addirittura alla nuova “moda” della business intelligence self service.Quali conseguenze?

La possibilità di “un dato diverso per ciascuna persona” è sempre più probabile, determinando il fenomeno della proliferazione del “REPORTING”. Sebbene poi l’ostacolo potrebbe essere superato con la staticità insita nei Report e con la loro istituzionalizzazione, il problema emerge nuovamente in caso di “OLAP ANALYSIS”. Infatti  la possibilità di compiere analisi multidimensionali (OLAP) personalizzate,quindi guardare il fenomeno sotto angolazioni diverse da un lato, oppure sezionarlo e partizionarlo attraverso operazioni di slice and dice e drill-down,può determinare “viste differenti”.

Uno dei cavalli di battaglia dei vendor è che l’utente si rende sempre più autonomo nei confronti dell’IT, che in passato (ma continua ancora ad esserlo) era sempre gravato da continue richieste di Report, Interrogazioni ad hoc.Prima il processo funzionava nel seguente modo: “ho bisogno di avere il fatturato per giorno del mese di agosto suddiviso per cliente”, ergo il dato era univoco.Come spesso capita,c’è sempre il rovescio della medaglia, attendibilità del dato “unico”, a discapito di maggior carico di lavoro dell’IT e risposte alle richieste non molto rapide.

Come trasformare tali strumenti in opportunità?

Sono strumenti fondamentali per i processi decisionali. Ciò che occorre è che nella loro scelta e nel loro impiego siano rispettate alcune regole fondamentali.

  1. Bisogna valutare bene su quale strumento dovrà ricadere la nostra scelta ovvero optare per strumenti flessibili sicuramente,evitando di farne largo uso ai fini operativi, ed investendo maggiori risorse in sofware gestionali ben progettati.
  2. Prestare particolare attenzione al concetto di “Security”, ovvero scegliere sofware che permettano una profilazione dell’utente con diverse tipologie di privilegi, via via decrescenti,e che permettano di “limitare o guidare” l’utente nelle analisi multidimensonali.
  3. Progettare accuratamente la base dati, certificarle, procedendo a costruire un accurato modello concettuale e logico evitando di far ricadere problemi di inconsistenza dei dati sulla Business Intelligence.
  4. Le aziende dovrebbero sempre più investire sulla formazione dell’utente, sia in termini di  maggiore conoscenze degli strumenti IT, ma anche e soprattutto di maggiore conoscenza del business in cui operano e delle regole che lo governano.
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Non dimentichiamo infatti che la Business Intelligence rappresenta i fatti che caratterizzano l’azienda (ordini, vendite,acquisti..), le sue dimensioni di analisi (mese,cliente,canale), le misure del suo Business (numero clienti,ricavi quantità e valore, numero di agenti…).Pertanto conoscere il modello di business aiuta di certo a comprendere i funzionamento degli strumenti di Business Intelligence.

Per approfondimenti vi suggerisco il libro di Alessandro Rezzani BUSINESS INTELLIGENCE Processi,metodi,utilizzo in azienda (APOGEO)

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